Rimini ■■■ (Rẹmmin / Rẹmmni / Rẹmmne)

Uno studio della fonologia del dialetto riminese, unitamente all’esposizione del sistema ortografico adottato da questo sito per la trascrizione di questo dialetto, si può trovare nel saggio di Daniele Vitali e Davide Pioggia «Il dialetto di Rimini», pubblicato come capitolo introduttivo del testo teatrale Dọ int una völta, della commediografa riminese Giovanna Grossi Pulzoni (Ravenna - Cesena: Associazione «Istituto Friedrich Schürr» - Società Editrice «Il Ponte Vecchio», 2010). Una versione aggiornata del saggio si può trovare qui.

Per un approfondimento sulla disposizione dei quartieri urbani e dei sobborghi di Rimini e sui rapporti storici e linguistici fra questi luoghi si può consultare il testo di Davide Pioggia «I luoghi di Rimini nella toponomastica popolare», pubblicato come appendice nello stesso volume.


Gabriele Bianchini ■■

Gabriele Bianchini è nato il 14 aprile 1941 ed è cresciuto in Via Covignano, all’altezza di Via Ariete, in prossimità dell’intersezione col rigagnolo chiamato Mavone. Quando Gabriele era ancora bambino la sua famiglia si trasferì sulla Sinistra del Porto, nella casa che tuttora è la sede dello studio professionale di Bianchini.

Oltre a svolgere la libera professione come ingegnere, Bianchini è stato insegnante e ha ricoperto diversi incarici pubblici, come Presidente del Quartiere 1, Assessore Comunale e Consigliere Provinciale. In questa veste ha promosso diverse iniziative per la salvaguardia e la valorizzazione del dialetto.

Egli stesso è autore di diversi componimenti in dialetto, per lo più inediti, che recita in occasione di svariati eventi. Ha anche elaborato la versione in dialetto riminese di alcune parti della Divina Commedia, che ha poi pubblicato ne La Cumédia (Rimini, Associazione AR EMNI)

La Cumédia

Francesca da Rimini

pp. 11-23 

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Il Canto di Ulisse (parte finale)

pp. 37-39

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Guido da Montefeltro (alcuni versi)

pp. 45-47

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Inediti

Gabriele Bianchini racconta le sue origini

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Una nota

«Non so se mi conosciate fisicamente. Io assomiglio a Obelix, cioè ho le caratteristiche somatiche dei Celti (o Galli, come li chiamavano i Romani). I Celti non scrivevano, se non rarissimamente, e affidavano la loro Cultura alla tradizione orale, perché ritenevano la scrittura una sminuzione della parola detta. Chi racconta qualcosa a memoria (i francesi dicono col cuore), lo deve aver assimilato al punto tale da metterci qualcosa di suo. La stessa presenza fisica del narratore, i suoi gesti, contribuiscono all’arricchimento e alla comprensione migliore di ciò che si tramanda. Il “dialetto romagnolo” è, a mio avviso, una lingua di origini celtiche e lo scriverlo ne è una limitazione».

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