àe

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Alcuni esempi del dittongo che l'autrice scrive <àe>. Le espressioni lette corrispondono alle seguenti:

  1. «il palo (2 volte), mi fa male, il cane, il pane, (io) ho fame, il banco»;
  2. «tagliare, il fiato, il pagliaio, il diavolo, il viale, fa piano, Montiano, è bianco (2 v)»;
  3. «è chiaro (2 v.),  un povrero cristiano, Sebastiano, il richiamo»;
  4. «la ghiaia»;
  5. «mangiare».

Particolarmente significative sono le serie successive alla prima, il cui il dittongo si trova dopo una consonante palatale (a partire dall'approssimante /j/, che solitamente viene scritta , seguendo l'uso dell'italiano). Si consideri, infatti, che si trovano parlate contigue nelle quali il dittongo <àe> non è tollerato in questo contesto fonetico (si veda ad es. la parlata del bellariese Arnaldo Gobbi). La stessa autrice riconosce stabilmente la presenza del dittongo in questo contesto, e la esprime graficamente. Ad esempio in Bujàm (ed. 2014) si trova:

  • rasajàe (p. 28), la s gunfiàeva (p. 44), piàen piàen (pp. 28, 76), furiàen (p. 45), biàench (p. 84), biàenchi (p. 52);
  • ciàer (pp. 76, 80), ciàera (p. 64), ciàeri (p. 24), ramaciàe (p. 16); 
  • cumpagnàe (p. 81)
  • cagl’j àelti (p. 44)

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